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Kings of Leon-Only By The Night

Finalmente tutto il mondo si è accorto di loro.

Dopo tre album straordinari, Youth&Young Manhood, Aha Shake Heartbreak e Because of the Times, e sei anni di estenuanti tour in giro per il globo, è bastata Sex on Fire, una buona canzone, ma non di certo la loro migliore, per fargli ottenere la considerazione dovuta.

Ecco signori, questo è lo strano caso dei Kings Of Leon.

Lo strano caso dei quattro Followill di Nashville, Tennessee, tre fratelli:Nathan (batteria), Caleb(voce, chitarra e testi), Jared(basso) e il primo cugino Matthew (chitarra solista), con un storia personale alle spalle degna di essere sfruttata come soggetto per il prossimo grande romanzo americano, che a differenza di tante band rock’n’roll o indie come dir si voglia di oggi, il successo se lo sono sudato, facendo una massacrante gavetta prima nelle più squallide bettole del profondo sud degli Stati Uniti e poi nei fumosi club inglesi.

E proprio in Inghilterra, sono arrivate le prime soddisfazioni, i primi posti in classifica e le partecipazioni ai grandi festival come quello di Glastonbury, dove, nell’estate del 2008, erano addirittura primi in cartellone.

Ma tutto questo era solo una piccola goccia del mare, come piccolo è del resto il territorio della Gran Bretagna.

Finché non sono usciti il quarto album Only by the Night e la sopracitata Sex on Fire, dove quello che era stato fino a quel momento il loro marchio di fabbrica, cioè uno sporco rock sudista, fatto di voci graffianti, testi che parlano perlopiù di sesso, botte e sbronze colossali e chitarre dal suono grezzo e tagliente, è stato contaminato da liriche spesso più impegnate, con cori che sembrano presi in prestito da un inno da stadio, melodie epiche e riff di chitarra imponenti degni dei migliori U2 o dei loro miti Pearl Jam.

Magari questa svolta ad una superficiale lettura può sembrare una furbata per vendere di più, molti dei fan della prima ora infatti la pensano così ,in realtà è solo la naturale evoluzione di un gruppo che è cresciuto, maturato e la cui musica va di pari passo.

Infondo in Kings of Leon non sono più gli stessi ragazzini con troppa confidenza con droga, alcool e grupie di malaffare del 2003, che a malapena sapevano suonare uno strumento, oggi si sono ripuliti, sistemati, hanno delle compagne fisse e per bene al loro fianco, vendono milioni di dischi, fanno sold out praticamente ovunque anche nei luoghi sacri della musica mondiale come il Madison Square Garden di New York, annoverando fans anche tra le celebrità.

Certo né è passata di acqua sotto i ponti da quando i tre fratelli Followill erano costretti a seguire il padre Ivan, pastore pentecostale, da una chiesa all’altra, su e giù tra Tennessee, Arkansas, Louisiana e Mississippi, a bordo di una macchina scassata, almeno fino a quando il predicatore di casa ,non ha lasciato la fede per la bottiglia, perdendo così la tonaca e anche la famiglia.

Dopo essersi stabiliti stabilmente a Nashville, i fratelli più grandi, Nathan e Caleb, hanno messo a frutto il bagaglio musicale acquisito in chiesa e durante le trasferte su e giù per il vecchio sud, formando il duo Followill Brothers, che ben presto ha ottenuto un discreto successo e una scrittura da parte della casa discografica Rca.

Con l’entrata nel gruppo del terzo genito Jared e del cugino, virtuoso chitarrista, Matthew e cambiato il nome in Kings of Leon ,in onore del nonno Leon, il parente più prossimo condiviso da tutti e quattro, il suono si è fatto sempre più rock e meno country, influenzato dai gusti musicali più freschi e alternativi del più piccolo dei fratelli Followill.

E’ da qui che tutto è partito, da qui che uno dei migliori gruppi degli ultimi venti anni ha iniziato la scalata verso l’Olimpo del Rock, una strada che è stata lunga e tortuosa fatta di eccessi, litigate epocali, di quelle che solo tra fratelli che si amano alla follia possono esserci, ma fatto soprattutto di tanta buona musica, onesta, pura e semplice, come non se ne sentiva più da tanto, tanto tempo.