Un brano nato da parole casuali che diventa un manifesto di umanità. “Daisy” è il frutto di una scrittura empatica e di un arrangiamento curato, arricchito da fiati e immagini forti. Enea firma una canzone che resta addosso.
Un caro saluto a voi, ragazzi. Come mai avete deciso di intitolare il vostro nuovo brano “Daisy”?
Buongiorno e grazie per averci ospitato. Partiamo dicendo che, in fase di stesura del testo, c’ erano solo delle parole in fake english che siamo andati a sostituire con parole assonanti in italiano. Una di queste, nel ritornello era “baby”, e, quando la storia ha iniziato a prendere un po’ forma, abbiamo capito che quella parola sarebbe stata il titolo della canzone e il nome del personaggio senza nome di cui stavamo parlando fino a quel momento. Così abbiamo scelto “Daisy”.
Il singolo è nato da una lunga elaborazione o da un lampo di genio?
Se in altre occasioni certe canzoni sono arrivate grazie ad un vero e proprio lampo di genio, in questo caso invece la stesura del brano e dell’arrangiamento sono state certamente più elaborate.
Oltre al testo, come rispondevo nella domanda precedente, anche l’arrangiamento è stato complicato. Ad esempio ricordo che non è stato facile arrivare a pensare di poter aggiungere i fiati ad un brano praticamente già finito, devo dire che poi si sono rivelati un valore aggiunto: hanno conferito un certo livello di tensione alla canzone, oltre all’ assolo che, a parer mio, è bellissimo.
Credete sia necessaria una maggior sensibilizzazione su determinati temi?
Sicuramente non siamo qui per fare la morale o per insegnare la vita alle persone. A noi importa fare musica, che ci piaccia e speriamo che piaccia anche alla gente che ci ascolta. Non possiamo sperare di cambiare il mondo con una canzone, ma se può dare una mano a qualcuno ben venga.