Tra ironia, intensità e orgoglio, il giovane artista lancia un singolo che racconta il vuoto post-relazione e la fatica di affrontarsi. “Non m’importa” è più di una canzone: è un punto di partenza, un atto di difesa personale. Nell’intervista emerge tutto il suo mondo, tra arte e identità.
Un caro saluto a te, Reyson. Se dovessi portare all’attenzione del pubblico un verso di “Non m’importa”, quale sarebbe?
“lo sai che tengo tutto dentro ma il silenzio non aiuta mai”
Più volte nella vita mi sono ritrovato in situazioni difficili, e non c’è mai stata una volta in cui non ho pensato che dire alcune cose prima non mi avrebbe aiutato, ormai questa è una cosa che ho imparato e ne sono contento. Ma conosco tante persone anche molto più grandi alle quali questo servirebbe moltissimo.
Il brano sembra muoversi tra rabbia e disillusione, ma anche liberazione. Qual è l’emozione dominante per te?
Direi l’accettazione, il sapere che ormai le cose sono andate così e che non si può fare nient’altro, in senso positivo, è come quando partecipi ad una competizione e arrivi al secondo posto nonostante tu ti sia impegnato moltissimo. Incameri quello che hai imparato e lo sfrutti per la prossima volta!
Hai detto che eri arrabbiato più con te stesso che con lei. Come si trasforma un’autocritica in una canzone pop?
A fare questo devo dire mi hanno aiutato moltissimo “Le Ore” che sono sicuro non saranno delusi dal prossimo brano, lo si fa con molta obbiettività e una bella dose di leggerezza, oltre a molta onestà nel raccontare i fatti.
Se questa canzone fosse un messaggio lasciato a quella persona, cosa vorresti che capisse ascoltandola?
Niente di che, è una persona molto problematica, quindi probabilmente non capirebbe granché, le auguro solo di riprendersi e di darsi una svegliata.