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OLDEN: sull’A60 verso il futuro

Emblematico come titolo per uno spettacolo teatrale: “Autostrada 60 Rivisitata”. Perché è così che è stato presentato questo disco. Poi per i dylaniani di tutte le età direi che c’è aria fresca da respirare. Ma non è questo l’argomento e soprattutto non è di questo che vogliamo parlare anche se, il primo ascolto del brano “Vento dell’est” in qualche mondo si rimanda tremendamente a quella meravigliosa “Girl from the north country” in cui il menestrello famoso rifletteva su quei capelli cadenti in quel certo modo, chissà se li ha ancora e chissà se si ricorderà di lui. Ma ripeto: non è Dylan il fulcro del discorso. Perché OLDEN sforna un disco che va ascoltato con un’attenzione chirurgica e che parla di tutt’altro. Si intitola “A60” e starebbe bene in una incisione su vinile, questo sicuramente. Anche se il suono diretto e sagomato da Flavio Ferri è un suono spesso digitale, moderno, intenso in arrangiamenti sintetici e sintetizzati, composti ed educati, efficaci… tremendamente efficaci. Ritorno al passato con certe organze di chitarra elettrica a firma di Ulrich Sander e poi la batteria vera di Francesco Miceli. Ma sono le programmazioni e gli arrangiamenti di Ferri (anima portante dei Delta V) a determinare la ricchezza e la pasta di questo disco. E rimando al “Micromega” di Ottodix (ne parlai tempo fa – link) dove ritroviamo ancora la firma di Flavio Ferri a farci capire cosa sia in grado di fare anche spaziando di genere e di vocabolario. “A60” è un disco di cover.


E il nostro OLDEN non cerca la via semplice e non restituisce voce ai grandi classici (dei media più che della cultura anche se un tempo le cose erano maggiormente coese). OLDEN ripesca dagli anni ’60 (almeno dagli anni ’60 se non consideriamo alcune radici originali che risalgono ad anni lontani di generazioni e generazioni) brani importanti, che hanno vissuto evoluzioni e passaggi di consegne, traduzioni e codificazioni, nuovi arrangiamenti che delle volte hanno imposto un marchio di riconoscenza di maggiore successo rispetto alla versione originale. Moltissime canzoni oggi le abbiamo perdute alla memoria, alcuni nomi che ne hanno governato la loro voce sono però famosi: tra questi appaiono ad esempio Sergio Endrigo, Gian Pieretti, Paolo Limiti, Roy Wood… Ecco proprio parlando del leader dei Elkectric Light Orchestra, il nostro OLDEN nella tracklist si lascia andare a qualcosa di famoso davvero inserendo proprio la versione italiana di “Blackberry Way” che poi noi conosciamo come “Tutta mia la città”.
OLDEN in questo disco le ha riprese tutte, le ha fatte sue con questa voce che un poco ricorda Battisti quando raggiunge dinamiche un po’ – come dire – “forzate”. Una bella voce, in equilibrio, che comunica padronanza e sicurezza su brani che hanno vissuto e scritto una storia più grande di noi. E tutto questo si poggia in un disegno estetico davvero efficace: niente di antico per quanto sono rispettate le melodie portanti, ma tutto di nuovo per quanto sia possibile farlo senza privarlo e privarci della sua anima e della sua forza originale. Anzi, “A60” ha il grandissimo pregio di restituire una forza di bellezza e di cultura a queste canzoni che nel tempo e nella frenesia di oggi sono cadute in un’ombra che non meritavano. Un bellissimo disco che consigliamo sicuramente, un banco di scuola dove aver ben chiara la forza di una canzone, laddove anche quando suonano “leggerezze” come “Resta” – primo singolo estratto – ti accorgi subito che qualcosa si staglia anni luce sopra la leggerezza superficiale del pop di oggi. Che bel disco di personalizzazioni questo di OLDEN!!!

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