Come da titolo, il vero pop italiano non mente. Quello di dinamiche e di stop, quello di suoni rotondi e di facce pulite, quello che all’America chiede in prestito le blue note e le soluzioni un po’ gospel e che all’Italia dei cantautori cerca di rubare il gusto delle parole non scontate… ma è anche quello che alle nostre abitudini deve molta della quotidianità che è poi il vero cuore, la forza di questo mondo musicale. Davide Corneli si fa chiamare Mezzalibbra e inizia un percorso da oggi con questo primo singolo “Cometa”. Ed è anche una cometa di speranza ma anche una via di rivoluzione. Oggi è l’era della tecnica ma soprattutto dell’apparire e sono tante le voce che cercano una via per tornare all’essere. Davide Corneli, con la produzione di Cristiano Romanelli degli UMMO, cerca questa via mescolando a se un po’ tutti i cliché della tradizione pop italiana. Niente di nuovo, è vero… ma tanto di personale, semplicemente questo.
Partirei dal nome. Quando e come Davide Corneli diviene Mezzalibbra?
In realtà è nato un po’ a caso. Parlando con mio padre, non troppo tempo fa, uscì fuori un discorso sulle origini dei soprannomi che una volta si attribuivano alle famiglie e mi disse che quello della sua famiglia era Mezzalibbra, originario della provincia teramana. Rimasi molto affascinato dal nome, ed essendo molto legato alle mie origini, decisi di impiegarlo come nome d’arte. Trovo che abbia anche una bella sonorità come nome, rimane impresso.
Hai uno spiccato legame con la natura o comunque con tutta la semplicità che è la vera origine della vita quotidiana. Non è così?
Assolutamente si. Può sembrare una frase fatta, ma le cose migliori effettivamente sono quelle semplici. Dalla natura, dalle cose che possono apparire scontate ai nostri occhi, si possono trarre le cose migliori. Non bisogna, secondo me, soffermarsi sulla singola immagine, bensì sull’emozione che quell’immagine suscita e tutte le cose che quell’immagine porta con sé. La bellezza vera, quella tanto ricercata, è davanti ai nostri occhi tutti i giorni e non tutti se ne accorgono.
Radici americane nel tuo pop d’esordio. A quale scena ti rivolgi principalmente?
Premetto che sono cresciuto ascoltando e suonando Rock, Soul e Blues. Il Rock racchiude l’energia, il Soul e il Blues il sentimento e cerco di metterle insieme per esprimere al meglio ciò che ho da dire. Ma la musica è piena di generi e sottogeneri e classificarsi in uno o più generi è azzardato. Faccio semplicemente musica, la mia.
“Cometa” in siciliano significa anche presagio, in qualche modo. Può essere anche una chiave di lettura per te?
Adoro la Sicilia come regione e come miscuglio di varie culture, è affascinante. Non sapevo questa cosa, potrebbe essere. Il presagio spesso viene attribuito a qualcosa di cattivo, qualcosa che ha a che fare con i segni premonitori e con la superstizione. Io mi sento di attribuirla a qualcosa di buono. Un buon presagio, qualcosa che lascia speranza e che fa ben pensare per il futuro. La cometa può “illuminare” e dare luce a tanti significati e può lasciare a tutti una libera interpretazione.
Il disco in arrivo. Che ci dici? Quando… e come?
Si spera il prima possibile. Io e la mia Band (i Ciò Che Resta) stiamo lavorando duramente in studio per fare un ottimo lavoro. Ci stiamo impegnando un sacco e sono davvero felice di poter contare su una squadra così entusiasta ed affiatata. Sono fortunato a lavorare con loro. Ho impiegato tempo nel cercare i componenti giusti perché non voglio che i componenti siano solo persone che suonano. Innanzitutto sono PERSONE, con le proprie voglie, i propri gusti e i propri stimoli. Voglio un gruppo di persone con il quale lavorare bene e l’ho trovato. Si spera di finire il lavoro per l’estate, ma c’è ancora tantissimo lavoro da fare. “Good things come to those who wait” cantava B.B. King nel suo brano “Blues Man”.