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Kasabian-West Rider Pauper Lunatic Asylum

Dopo ben tre anni dallo splendido “Empire”, finalmente è arrivato il terzo album dei Kasabian, il cui nome ”West Rider Pauper Lunatic Asylum” è stato preso da un manicomio del diciannovesimo secolo situato nello Yorkshire e la cui copertina ritrae la band travestita da figure tipiche dei “matti”, inspirandosi a “Their Satanic Majesties Request” dei Rolling Stones, in cui i Rolling Stones indossavano, invece, vestiti da stregoni.

Già una premessa come questa basterebbe a stuzzicare la curiosità dei più, se in più aggiungiamo la spiccata esuberanza del duo Meighan (voce) e Pizzorno (chitarra), che richiama neanche troppo lontanamente, la folgorante prepotenza dei fratelli Noel e Liam Gallagher degli Oasis, che, peraltro, li hanno presi sotto le loro ali contribuendo ad aumentare la loro fama e visibilità soprattutto all’estero, non vedi l’ora che dal tuo stereo inizino a pompare le note dei Kasabian .

Nonostante le affinità, in ”West Rider” gli Oasis centrano ben poco, a far da padrone negli antri di questo manicomio buio, c’è un sound tutt’altro che brit pop.

Psichedelia e ritmi sincopati da rave, che dettano legge in ”Fast Fuse”, già pubblicata nel 2008 come singolo in edizione limitata assieme a ”Thick As Thieves” e nella spacca sassi ”Vlad The Impaler”, senza dimenticare quello che è ormai il marchio di fabbrica dei Kasabian, cioè un’ iniezione di beat potenti uniti al classico basso elettrico, come in “Club Foot”, la bomba apripista del loro debutto omonimo.

In questo terzo lavoro ad aprire le danze ci pensa un altro ordigno bellico, ”Underdog”, canzone che più potente non si può, caratterizzata da riff ruvido e ritmo calzante la rendono una delle gemme dell’album.

Se da una parte, però, la potenza e l’adrenalina prendono il sopravvento, nella seconda metà dell’album ci si imbatte in pezzi più calmi, tanto che hanno portato Serge Pizzorno ha definire ”West Rider” un concept album, una colonna sonora per un film.

E a ben ragione, sarebbe una perfetta colonna sonora per un fantomatico western in acido, magari targato Quentin Tarantino o Robert Rodriguez, con continui rimandi all’opera omnia del grande Sergio Leone.

Basta ascoltare“West Rider Silver Bullet”, dove il pulp di Tarantino si unisce agli spaghetti-western di Leone, qui la voce di Tom Meighan viene echeggiata dall’attrice Rosario Dawson famosa, guarda caso,per “Sin City” di Rodriguez, in una lenta marcia dalle ombre psichedeliche anni sessanta, che sfocia in un finale trionfale.
”Vlad The Impaler” parla di Vlad III e del suo metodo di tortura impalement, che prevedeva l’uccisione della persona infilzandola con un grosso palo; una trama splatter perfetta per uno dei due dei nostri registi più giovani.

Dopo ”Secret Alphabets”, una dei migliori pezzi, il finale è lasciato a “Fire” e “Happiness”, dove la prima richiama gli Stones in duetto con i Primal Scream, soprattutto per quel riguarda il ritornello, mentre la seconda è una lenta cavalcata verso il tramonto, accompagnata da un coro gospel.

Tracce come “Swarfiga” e “Where Did All The Love Go?”, rappresentano, invece, la continuità con i lavori precedenti, dove il rock più sporco e ruvido si fonde con le atmosfere rarefatte dell’elettronica.

Questo terzo capitolo della storia, sicuramente lunga e profiqua, dei Kasabian, sarà un piacevole ascolto sia per i nostalgici degli anni novanta a cavallo tra periodo Madchester (Smiths, Joy Division, Stone Roses) e trionfo del britpop (Oasis,Blur), sia per quelli che amano una musica più moderna, la cosiddetta New Rave (Blok party, Klaxsons) per intenderci.

Oltre che per gli appassionati di quel cinema moderno dal gusto un po’ retrò.