Specchio di questa nuova società. C’è poco da dire e ancor meno da fare. Oggi il mondo gira sulla rete e dalla rete attinge le nuove frontiere del bello e della ricchezza. E non serve a niente restare ancorati ad un passato di vecchie maniere… bisogna scaricare gli aggiornamenti. E artiste come Asia Ghergo l’hanno fatto e anche molto bene. Da un canale YouTube su cui proponeva cover di grandi nomi indie in chiave acustica è finita sulle Classifiche Spotify prima e sui grandi palchi poi… passando ovviamente per i primi brani inediti e ora ad un disco ufficiale di proprio pugno. Si intitola “Bambini elettrici” l’esordio discografico della giovanissima cantautrice marchigiana Asia Ghergo. L’indie-pop che questa volta si dipana dentro testi per niente scontati anche se ancorati ad una bella sensazione di quotidianità. E poi la voce della Ghergo, graffiata, striata di vita nonostante la sua giovane età, leggera di ambizioni e dannata con quel certo modo di chiudere i fraseggi che ha quel suo fascino interessante quando fatto con naturalezza. E sono canzoni sociali… possiamo dirlo… dal forte retrogusto sociale. Dobbiamo dirlo. Siamo nella società dei bambini elettrici, anzi digitali aggiungerei io, siamo nella società della ricostruzione dell’uomo. In tutto e per tutto… ed in rete ecco il primo video ufficiale del singolo “Angeli”.
Da Youtube ai palchi importanti della scena indie. Ecco un tema importante: cos’è che rende virale le cose secondo te?
La viralità su YouTube è un fenomeno a cui non si può dare una spiegazione univoca. Non ci sono delle regole. Ogni caso e a sé. L’unica cosa certa è che ciò che vince è sempre qualcosa che al pubblico in un modo o nell’altro piace e, soprattutto, è qualcosa che serve in quel dato momento storico. Avessi fatto cover su YouTube del genere Indie nel 2012 probabilmente tutto ciò non avrebbe avrebbe avuto una grande risonanza. E soprattutto, l’avessi fatto quando Facebook ancora non esisteva, sarai sicuramente scomparsa in men che non si dica ahahah.
La canzone oggi… il tuo disco… questa elettronica che porta e conduce per mano. Il cantautore oggi è figlio dell’estetica, dell’apparire, del mostrarsi? Non solo ovviamente… ma quanto conta tutto questo?
Personalmente sono dell’idea che la passione che si mette nel fare le cose sia l’ingrediente più importante in assoluto. La voglia di fare, la voglia di mettersi in gioco non sono da meno. Un’altra cosa importante è l’umiltà, e la sincerità. Essere se stessi è la chiave. Una volta che si posseggono queste caratteristiche si può pensare anche a costruire la propria estetica, la propria immagine, sulla base di ciò che uno vuole mostrare, come vuole essere identificato. Però no, la mia risposta è che l’estetica si, è importante, ma non è tutto.
Una frase importante che colgo dento “Reset”. Dici: “Per fortuna abbiamo le parole ma tanto non le sappiamo usare”. Direi che è una fotografia severa ma assai reale di quello che ci circonda… vero?
Mi ricordo quando correvo felice per i prati a casa della mia nonna materna e non avevo bisogno di alcun device per divertirmi. Oggi invece il telefono è diventato una protesi, un’estensione del nostro corpo. Nella canzone parlo quasi di una nostra trasformazione da esseri umani ad androidi con un computer al posto del cervello, e dico “per fortuna abbiamo ancora le parole” ma tanto non le sappiamo più usare, o forse non abbiamo mai saputo come fare. Oggi nessuno si parla più faccia a faccia, per contattarsi basta entrare in una chat. Si stanno perdendo tutti i valori delle relazioni umane. Questo secondo me è un peccato mortale per la nostra società.
E per quanto tu stia parlando di ragazzi, io temo che questo problema sia generalizzato anche agli adulti, non credi?
Io trovo che gli adulti siano un passo indietro rispetto a noi giovani per quanto riguarda l’ausilio delle nuove tecnologie. Non ci sono cresciuti, quindi per loro è più una lingua nuova da imparare. Però si, sto notando che questi nuovi dispositivi entrano nelle case di tutti, grandi e piccoli.
Parliamo di suono e di produzione artistica. Come hai lavorato e che scelte hai intrapreso per trasformare le tue canzoni in questo modo?
Avevo un bisogno concreto di dipingere dei suoni che potessero accompagnare le parole nella migliore delle maniere. Ho prediletto basi semplici, che ricordano la musica lo-fi però con un impatto più studiato, arricchito da elementi marcati e scelti con cura. Da quando ho conosciuto artisti come Clairo, Girl in Red e Joji, il mio campo visivo musicale ha cambiato rotta: ho cominciato a preferire suoni vintage, scarni, beat elementari che però portano alla luce una meravigliosa malinconia. Sulla scia della Vaporwave, dell’Indie Pop Elettronico internazionale.
Come sei passata dalla chitarra acustica di YouTube al disco che ascoltiamo oggi?
Io fin da piccola ho sempre saputo che la mia passione più grande era quella per la musica. Sapevo che per diventare una cantante dovevo trovare il modo di costruirmi un piccolo pubblico, è quello che ho fatto poi aprendo il canale YouTube. Ma non mi aspettavo assolutamente quello che sarebbe successo di lì a poco. Nel disco la chitarra acustica ogni tanto si sente, come per fare un tributo a tutte quelle persone che mi hanno conosciuta così, la “ragazza delle cover”, ma prevalgono altri strumenti, perché il mio sogno era quello di fare un disco che raccogliesse tutta la mia esperienza musicale, tutto il mio background e vado molto fiera di questo risultato.
Il primo video è “Angeli”. Raccontaci di questa scelta…
Nel video si vedono due angeli che si rifugiano in una lavanderia, come per lavare le vesti dal sangue e dai dolori a cui sono stati sottoposti là fuori nel mondo. Si accarezzano dolcemente come a dire “ci siamo, l’uno per l’altra, ed è questa la cosa più importante”. Alla nostra età ogni minimo problema sembra una montagna insormontabile, e in quest’immensità che ci circonda, ci uniamo per essere più forti. Ma nonostante ciò, ci sentiamo comunque fragili, come due bambini che si coprono gli occhi a vicenda per non vedere le atrocità che ci sono nel mondo. A volte vorremmo essere angeli, per poter volare via dalle situazioni spiacevoli, perché ci sentiamo spesso troppo sensibili per riuscire a gestire le cose come vorremmo.