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Carpets & Candles: un sangue corrotto di punk e di pop

Decisamente un esordio che sottolineiamo con estremo piacere perché in fondo, per noi che abbiamo superato gli “enta”, vederci coccolare una certa nostalgia anni ’90, è cosa buona e giusta. E questo esordio dei Carpets & Candles è qualcosa che sa come farlo proprio bene. Parliamo di un esordio dal titolo “Sangue corrotto” che tanto richiama un certo fare poliziesco anni ’70, dentro cui il suono è suonato per lo più in presa diretta, dentro quartier generali che significano sale prove dentro strada di della provincia italiana.

E poi la contestazione sociale che passa attraverso la narrazione dei traumi, dentro sul liquido sentire che a tratti si fa pop, dentro quel fortissimo senso di libertà (tenete a mente questa parola) che non ha paragoni se pensiamo alle troppe produzioni inedite del nostro tempo, ampiamente ancorate ai cliché. Che belle le linee di chitarra elettrica, forse un carattere determinante per il disco… belle nella viscosa definizione delle distorsioni e belle nella puntuale e gustosa forma dei dialoghi che caratterizza tutto l’ascolto. E se appunto le chitarre richiamano un certo rock molto italiano, i Negrita forse in primissima istanza, la voce esce dal mix con un modo punk che è fulcro e cuore di quella nostalgia tanto decantata sopra. Ci piace meno forse quel cercare soluzioni troppo pop come “Distanze” per un disco che ospita brani come “Immoralità”… anche se è una soluzione che nella coralità delle voci (aspetto ciclico di tutto il disco), raggiunge una forza assai funzionale. E a proposito di “Distanze”, prendiamo a prestito proprio questo brano dentro cui troviamo un’altra caratteristica assai intrigante: com’è bello il dialogo dei sintetizzatori che introducono un cambio di scena e un colore assai “distante” dal mood che avevamo incamerato dentro il nostro ascolto. Dai Negrita di passa ai sapori inglesi di una certa new wave digitale anni ’90. Non c’è niente da fare però: il dialogo di chitarra è il vero protagonista di questo disco che sulla carta d’identità si fa etichettare punk. Ascoltate “Pensieri gravitazionali” e che bello i solo blues di chitarra, inaspettato, sporco nei contorni da vero feel roots, americano nei toni… 
“Sangue Corrotto” ha tante facce e la più importante porta su scritto quella parola che all’inizio abbiamo spolverato: libertà. Un suono che non chiede, non promette e non toglie. Un suono semplice che ha il pregio si somigliare soltanto a se stesso.

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