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ESC: ascoltando “Argonauta”

Disco “Numero 0” per Francesco Botti, ESC per la cronaca discografica. Disco primo dal titolo “Argonauta” per un artista e musicista che da anni gravita nella scena rock e post rock romana… e avremmo di sicuro soddisfatto le attese se questo suo primo lavoro solista avesse preso direzioni coerenti alla storia fin qui ascoltata. Ed invece, onore al merito e alla contaminazione, ci troviamo in un bel mondo d’autore alla “indie maniera”, tra solchi digitali e liriche allegoriche. Contrasti a tratti sfacciati tra il pop(olare) e la ricerca, tra quel certo modo di scrivere le forme e quell’altro di scegliere le parole a cui affidare i messaggi. La canzone di ESC sposa a pieno un linguaggio comune ma sono assai interessanti le soluzioni che, a sentirle per bene, hanno ben poca voglia di diventare prevedibili e scontate.

Io partirei proprio dal moniker se me lo concedi. Quando Francesco Botti diviene ESC e per quale motivo?
Ho scelto Esc come nome del progetto dopo che mi è apparso davanti agli occhi in una situazione fortuita, come diminutivo del mio nome, ma rappresenta anche una scelta di percorso. Ho sempre sentito l’esigenza di evadere attraverso la musica e in questo senso sono sempre stato Esc.

Che poi è una sigla che si lascia leggere in tanti modi… qual è la vera chiave di lettura?
Quando ho iniziato a scrivere canzoni mi occupavo di tutt’altro! Le ho inseguite, e sono uscito da quello che stavo facendo.

Chi sono per te gli argonauti? Una rappresentazione che fai di te stesso o del modo di vivere che accade attorno?
Per me è un modo di affrontare il proprio percorso. Il viaggio degli argonauti è avventuroso, pieno di insidie, alla riconquista di qualcosa di perduto e prezioso.

Questo disco mi lascia forte la sensazione di “immersione”… forse anche guidato dal titolo. Immergersi in una verità di facciata, andar dentro le cose, le parole, le esperienze… i sentimenti… una pratica che stiamo ampiamente dimenticando di fare. Ci vuole tempo e non abbiamo tempo da sprecare per altro che non sia produrre e consumare. Come la vedi?
Credo sia così. Il ritmo è alto ed è difficile trovare il tempo di immergersi. Come dicevo Argonauta è arrivato alla fine di un percorso lungo, sentivo di voler dire tante cose e per quanto abbia cercato di rendere i messaggi semplici non ho risparmiato diciamo.

Il suono di questo disco è assai attento al nuovo trend della scena indie o sbaglio? L’elettronica impera… ma nello specifico come avete prodotto questo disco e secondo quali visioni?
Il mio intento con questo disco era quello di iniziare un percorso sonoro nel quale mescolare elementi tradizionali ed elettronici. Non c’è stata una vera attenzione al trend ma si è cercato un vestito adatto per ogni canzone miscelando questi due elementi in misure diverse.

Alberto Paderni e Antonio Pagano. Doveroso citarli… come li hai incontrati e come avete incontrato un punto di arrivo per le tue canzoni?
Ho conosciuto Alberto tramite un mio insegnante, che mi ha indirizzato verso di lui per la produzione, ed effettivamente ci siamo trovati molto bene da subito! Antonio è una mia conoscenza da molti anni e abbiamo girato attorno ad una collaborazione per diverso tempo. Abbiamo lavorato in maniera abbastanza variegata in realtà, l’idea di base dei vari arrangiamenti e il loro sviluppo sono arrivati una volta da uno, una volta da un altro di noi.

Questo tuo disco “Numero 0”: alla fin della fiera, quanto somiglia alla tua vita, a quello che sei? Oppure pensi somigli di più a quello che vuoi essere?
Per quanto mi riguarda è stato impressionante alla fine del lavoro sentire come Argonauta riesca a fotografare vari aspetti di me. È stato un bellissimo modo di iniziare a scoprirmi a livello di suono. Questo è uno dei principali motivi della mia soddisfazione.

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