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FURIA: quando il pop diventa di tutti i colori

Questo disco d’esordio si intitola “Cantastorie” e a dirla tutta non sono proprio storie nel vero senso della parola ma più normali cliché di forme canzoni del nostro santo pop italiano. Di certo è che la nostra FURIA scende in campo guidata dal grande Maestro Luigi Albertelli, e sforna un bellissimo disco di pop anni ’90, dai colori accesi quasi fluorescenti, dalle riflessioni di donna e dalle tematiche quotidiane di gioventù. Fa ancora un bellissimo effetto ritrovarsi brani come questo in cui si torna a rivivere il Giro di Fausto Coppi:

Un lavoro che vogliamo sottolineare con un’intervista, lasciando che come al solito siano più le parole a raccontarci la storia che la canzone stessa. Vorremmo tutti tornare a sottolineare significati e letterature dietro una composizione e in questo, per quanto il genere si presti al macero del grande mondo obeso del pop, la nostra Furia ci mette del suo per non cadere nel cestone dei tanti.  Che poi i messaggi di verità e di libertà della nostra Furia sono – tanto per rispondere a lei – decisamene chiari. A voi l’intervista per gli amici di BlogMusic:

Dopo aver visto questo video, dopo il finale che ribalta le carte in gioco, dopo l’ennesima dimostrazione di quanto ancora siamo ancorati ai cliché ti chiedo: che senso importante ha il concetto di libertà e di verità per te?
Il video ha chiaramente l’intenzione di parlare dell’omosessualità al femminile. Non c’è nessuna intenzione di ribaltare le carte in gioco. Avere scelto “Freelance”, la mia canzone, per raccontare un momento di libertà è una cosa molto importante. Il mio concetto di libertà nasce dalla mia osservazione sulla società. Pensiamo di essere liberi ma invece siamo continuamente condizionati dai fatti e dalle cose. Ma con “Freelance” posso dire di aver scritto un ideale di libertà e la verità né la conseguenza. E sono contenta di aver raccontato una storia d’amore tutta femminile, una storia vera. Cosa che poco viene trattata e accettata. Sono stata chiara?

La tua musica allora, risulta libera e vera? Oppure anche lei deve rispettare dei cliché?
Io non rispetto nessun cliché, ossia non copio nessuno. Infatti la mia musica e le mie parole sono ispirate a come avverto io le cose e le persone. E il mio modo di scrivere è assolutamente originale e libero.

E non trovi che anche un certo modo di segnare arrangiamenti e tempi è una forma di adesione ai cliché? Un compromesso, una regola a cui sottostare altrimenti la canzone non funzionerebbe?
Nulla di nuovo sotto il suolo della musica. Sono ormai anni che si vive di rendita. È chiaro che chi ha una cultura musicale ricca e profonda, come hanno sempre fatto i grandi scrittori e musicisti classici, involontariamente o volontariamente si recepisce il già sentito, ma si sceglie il meglio e lo si rielabora attraverso la propria sensibilità.

Parli di libertà, di sfumature, di una certa grande sensibilità mentale ma a tutto questo contrapponi la divisa. Parlo del tuo costume di scena… non è incoerente la cosa?
C’era una volta un famoso fumettista italiano di nome Hugo Pratt. Suo il personaggio del marinaio pirata Corto Maltese… inizio così la mia risposta alla tua domanda per raccontarti da dove arriva il mio costume. Amo il personaggio, amo la sua giacca e la sua storia. Avventurosa sì ma singolare. Un marinaio diventato pirata. Ecco la mia idea di donna. Fuori impeccabile, curata e dentro ribelle e libera. Praticamente unica.

Posso sottolineare l’omosessualità come tema? Ti lascio carta bianca… a parte il mero discorso del sesso, trovo che sia una matrice di forte morale e significato presente tra mille sfumature di questo disco o sbaglio?
Le mille sfumature dell’amore, della vita e della morte sono sempre presenti nel mio album CANTASTORIE.
La conseguenza è che io continuerò a scrivere e creare il risultato di quello che mi arriva da fuori. Storie crude, a volte inspiegabili o altre ancora all’apparenza banali che raccontano quello che siamo, quello che potremmo essere e quello che forse non saremo mai.

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