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MODER: la provincia, la notte, il nuovo disco

Nuovo disco, nuovo fiume di parole, nuovi bit e nuovi tempi per MODER, ovvero Lanfranco Vicari. Esce “Ci sentiamo poi” per Glory Hole Records, 16 nuove scritture in bilico tra il rap romantico dentro cliché di stile e il mood urbano dal dente avvelenato. E ci troviamo dentro ballate leggere come il singolo “Non ne posso più” in cui deraglia Moder, verso un gusto sfacciatamente più cantautorale dal suono acustico di chitarra e dal piglio ludico e scanzonato. Ma il disco riprende poi i binari dell’incedere digitale come ci si aspetterebbe e dietro il consueto fiume lirico c’è un bisogno importante di fermare la notte di una provincia italiana, di fermare la vita che corre, di sottolinearne i passaggi. Tanti le collaborazioni com’è tradizione per un artista che ha sempre vissuto in collettivo, in qualche misura. Ma più di tutti vorrei sottolineare la società incastrata ad arte dentro “La musa insolente” con la splendida partecipazione di Murubutu. E il tempo lo fermiamo di rimando…

Partirei proprio dal concetto di RAP. Sento molto in questo disco il bisogno di “rivendicarlo” o di “proteggerlo” da qualcosa… e penso io, che tu voglia proteggerlo dal degrado culturale che c’è in giro. Non è così?
Allora, in realtà è il disco dove meno mi sono preoccupato della scena. Volevo prendere il mio rap e portarlo dove non era mai stato, senza paranoie o compromessi, in questo disco ho trovato chi sono artisticamente. Alcuni colleghi mi preferivano più classico, più hardcore, più underground ma sta volta dovevo scendere in campo da solo. Rispetto al degrado culturale credo esista una doppia lettura, sicuramente la società dello spettacolo ha provato ad assassinare ogni proposta non allineata negli ultimi 20 anni, ma esistono dischi, libri, luoghi bellissimi quindi le persone hanno BISOGNO di cercare qualcos’altro.

Dunque a prescindere da tutto… per te cos’è e cosa significa RAP?
È stato, è e sarà tante cose. La mia vita, la principale fonte di sofferenza e gioia e potrei andare avanti ore. Il rap piega lo spazio tempo, è cinema, rende tridimensionali le frasi, che diventano immagini, costruisce patrimonio di tutti e per tutti, il rap è dipingere in rima ecco forse questo.

Un titolo che mi lascia intendere un lasciar scorrere quando invece il disco è un vivere adesso… non trovi?
Entrambe le cose, “Ci sentiamo poi” perchè ora devo correre.

Quando dici canzoni vere e proprie… quando pensi alla tua scrittura… lavorando di cesello, che cosa hai voluto levare, cosa pensi ci sia di troppo oggi?
Ho tolto tutto ciò che era didascalia, indipendentemente da quanto fosse bello o brutto quello che toglievo. Le grandi canzoni hanno autori che sanno che scelte fare, aggiungo che oggi lavorare su cambi e durate è fondamentale essere anacronistici senza un motivo è un peccato di ego.

A chiudere… parlaci di questo video che in qualche modo assomiglia poco al disco, almeno secondo le mie impressioni…
“Non ne posso più” nasce dalle mie avventure notturne in giro per l’Italia, e dal mio rapporto con i banconi. Il moog (noto pub del ravennate) aveva l’atmosfera giusta per raccontare quel sapore di birra e fumo. Nel disco spesso si trovano immagini di questo tipo perchè in un pub che sia in provincia o in periferia di una metropoli del nord o del sud, si parla la stessa lingua fatta di sorrisi forzati, bevute fino al vomito, silenzi, mozziconi di sigarette, bicchieri rotti, baristi sfiniti: in questo unico svago vedo il declino di un modello ma anche un attaccamento commovente alla vita. Non mi fido di chi non beve.

 

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