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STEREO GAZETTE: è tempo di rock

Quel Rock di melodia e di trasgressione stilistica, quel rock che non assomiglia alle rivoluzioni punk e che non si piega alle strutture pop. Quel rock che sa di protesta o quanto meno di denuncia. Gli Stereo Gazette sfornano questo lavoro dal titolo indicativo: “Nel tempo di ogni cosa”. E se la soluzione diviene ordinaria in scritture come il singolo “Canzone per me” è anche vero che cercano il metallo digitale quando incontriamo brani assolutamente fascinosi come “Plutone” e “Mercurio”. Il copione italiano poi viene celebrato a pieno con tanto di orchestrazione come nel brano di chiusura per esempio, canzone dal titolo “Un’ottima annata”. C’è speranza dietro la scrittura, c’è quotidiana prova, ci siamo tutti noi e di base c’è anche quel pizzico di invenzione che vorremmo avere per sognare di più. Quanto meno nella forma canzone ci pare che sia sempre una cosa possibile. Il guizzo di una scrittura che resta alla memoria e al gusto però manca anche in questo caso, come manca ormai da gran parte del tempo musicale di questo nostro bel paese. Gira bene questo lavoro. E noi ve lo lasciamo ascoltare:

Un primo disco ufficiale, un primo full lenght come si dice dopo una genesi assai lunga. Ecco una buona spiegazione di questo disco, giusto?
Giusto e con tutti gli annessi e connessi. Abbiamo voluto con tutte le forze questo album, ci siamo presi il tempo necessario per scrivere, arrangiare e registrare quello che per noi rappresenta sicuramente il punto di arrivo dopo il nostro primo EP ma anche un punto di partenza e la piena consapevolezza di fare qualcosa di bello e voluto. Possiamo affermare di essere cresciuti con lui e di averne seguito il lento avanzare con amore, come si cura una gravidanza e, dopo ben più di 9 mesi, è venuto alla luce.

E la genesi di questo nome? Da dove proviene?
La genesi è “strana” e strappa più di un sorriso, avevamo da poco ultimato la scrittura dei brani del nostro primo EP (Il Lato Sbagliato), venivamo da un periodo inconcludente, difficile, fatto di cambi di formazione, incertezze e con il morale a terra. Scritti i brani abbiamo deciso di entrare in studio senza nome certi del fatto che “sarebbe arrivato quello giusto”; una mattina in studio ero in bagno e mi è caduto l’occhio sull’elastico delle mutande dove c’era la scritta “Gazette”… era lui ma mancava qualcosa, stavamo facendo musica quindi la parola “Stereo” è arrivata naturalmente. Ora ci siamo affezionati, in un certo senso ci identifica, scriviamo la nostra realtà quotidiana quasi fosse l’editoriale di una ipotetica “Gazette”.

Che poi da questo nome mi sarei scioccamente aspettato un sound più poliziesco e meno main stream. Ed invece avete scelto proprio questa direzione… come mai?
Non sappiamo se definire il disco “main stream”. Parlando di suoni credo che sia il frutto di quello che ascoltiamo e che naturalmente ci viene da suonare e dunque si, anche tanto main stream. Oggi main stream sono l’Indie e l’hip hop, dunque il bouquet di suoni con cui identificare un genere di massa si è allargato. In questo album c’è un po’ di tutto e il processo di scrittura è stato del tutto naturale senza focalizzarci su un particolare genere o sonorità. Crediamo che ogni brano faccia storia a sé e sia più o meno vicino al main stream del 2018.

Vorrei sottolineare se me lo concedete il brano “La differenza”: non solo nel titolo ma anche nel mood, una composizione che si staglia dal resto del disco o sbaglio?
È un brano a cui teniamo molto ed è stato il primo che abbiamo scritto per il nostro album. E’ il brano che più di tutti ci ha dato l’input per proseguire nella scrittura. Il testo è molto sentito, profondo e particolarmente attuale così come il sound che abbiamo creato attorno.
Se si stagli rispetto al resto del disco è questione di gusti ma sicuramente è uno dei preferiti da chi ha ascoltato “Nel tempo di ogni cosa”. Volevamo sicuramente colpire l’ascoltatore

Oggi è l’elettronica a dettare le regole del gioco. In questo lavoro agisce ma con molto rispetto del suono e dell’esecuzione. Secondo voi è un bene o un male tutta questa elettronica nelle canzoni di oggi?
Secondo noi l’uso dell’elettronica ha ulteriormente ampliato le possibilità di composizione, creare suoni nuovi aiuta a costruire nuove atmosfere e suggestioni. Mescolare l’elettronica con il sound più “tradizionale” ci ha sempre affascinato, lo abbiamo fatto in questo disco rispettando però i colori che solo gli amplificatori e valvole sanno offrire.

Una domanda che mi piace sempre rivolgere agli artisti che stanno iniziando un percorso, una domanda un po’ filosofica e un poco, come si dice, marzulliana: con il senno di poi, ascoltando il disco, gli Stereo Gazette gli somigliano oppure è il disco che somiglia a voi? In altre parole: siete riusciti a scrivere quello che volevate oppure vi siete scoperti e contaminati durante la produzione di questo lavoro?
Mi viene da dire che ci siamo piacevolmente e consapevolmente contaminati. Chi scrive le canzoni di un disco è come se iniziasse un quadro che piano piano viene completato da tutte le persone che orbitano intorno alla band (produttori, editori, musicisti ecc..). Per noi è stato così, alcune canzoni prima dello studio avevano un’altra forma. Ci abbiamo lavorato e le abbiamo riscoperte in una nuova veste che ci piace di più e sicuramente ci somiglia di più. Possiamo dire che gli Stereo Gazette vivono “Nel tempo di ogni cosa”.

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