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Paolo Carone e il dolore elegante di “Non è possibile”

Un episodio vissuto, un’emozione trattenuta, un brano nato nell’attesa. Con “Non è possibile”, Paolo Carone apre una finestra sull’intimità più vera, quella che non cerca consensi ma comprensione. In questa conversazione, emerge il ritratto di un artista coerente, profondo e irriducibilmente fuori moda.

 

Hai definito questo brano “il punto di vista di chi continua a sbagliare, anche sapendolo”. Quanto è stato difficile mettersi così a nudo?

Io sono quel tipo di persona che non ha reticenza nell’ammettere i propri difetti e si impegna a renderli un punto di forza. Purtroppo non riesco a correggerli ma non si può avere tutto dalla vita. In questo mi ha aiutato molto la filosofia orientale delle arti marziali cinesi (ne ho studiate diverse per molto tempo) che mi ha educato ad accettare le mie debolezze e conviverci.

Il singolo ha un linguaggio diretto ma mai banale. Quanto lavori sulla sintesi del testo? E come decidi quando una frase è finita?

Io sono una persona che si esprime in sintesi con concetti semplici e frasi dirette, essenziali e senza sovrastrutture.

La stesura dei testi avviene di getto, senza filtri e la frase finisce quando la metrica lo impone. Successivamente alla prima stesura c’è una fase di correzione e rielaborazione volta alla correzione grammaticale ed a rendere la totalità della composizione più dura o poetica, a seconda di ciò che voglio ottenere.

La tua musica si muove tra le radici e la modernità. Quali artisti ti ispirano oggi e quali ti hanno formato ieri?

Sono appassionato di classici e cerco di prendere ispirazione da essi. Ascolto musica classica e ritengo che sia alla base di qualsiasi tipo di composizione contemporanea.

Sono legato ai classici del blues, dello swing internazionale ma anche italiano: capita di ascoltare i Platters piuttosto che Jerry Lee Lewis, piuttosto che Nicola Arigliano o Fred Bongusto. I miei gusti musicali sono piuttosto trasversali ma ciò che realmente mi affascina è la storia di questi artisti: la storia celata dietro le persone, le loro debolezze e ciò che li ha resi dei compositori o interpreti.

In che modo la tua esperienza da insegnante ha influenzato la tua scrittura, sia in termini tecnici che umani?

Approcciandomi con i miei allievi ogni giorno, comprendo le varie sfumature delle persone attorno a me. Tutte le emozioni più forti che vivo, anche attraverso loro, le riverso nella mia musica, rendendola veritiera e intensa. Dal punto di vista tecnico sono aperto ai confronti e sono contento di imparare anche io durante le lezioni.

Dal punto di vista personale, cosa rappresenta per te il successo oggi? È cambiato il tuo modo di guardarlo rispetto agli inizi?

Per me il “successo” è rappresentato da un brano ben scritto. Non sono minimamente interessato agli streams, ai like od alle visualizzazioni o al giudizio di chi ascolta. Mi rendo conto che un pezzo, appena pubblicato, non è già più mio ma di tutti e nonostante questo ignoro il giudizio degli stessi.

Non sono interessato al successo come notorietà se questa deve farmi scendere a compromessi con la mia natura artistica o con la mia immagine. Non vestirei mai in maniera ridicola e non farei mai – in modo volontario – azioni stupide per ottenere visualizzazioni o likes.

Se potessi parlare direttamente a chi si riconosce in quel sentimento “non possibile”, cosa gli diresti?

Gli direi che l’essere umano è imperfetto e fallibile e che, a volte, dobbiamo accettare e convivere con le nostre debolezze.

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