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COSTA: il vento, i limoni e un cantautore

Angelo Costantini, al secolo discografico COSTA. Torna anche tra le nostre pagine ora che dobbiamo e vogliamo parlare di questo disco, il primo ufficiale chiamato a raccogliere a se anche i singoli che tanto ha fatto girare in rete e per il suo pubblico della rete (e non solo ovviamente). Si intitola “L’odore dei limoni” l’esordio discografico pubblicato da Artis Records. E dietro i limoni c’è un immaginario potente che personalmente si veste di sud, di tradizione popolare, di casolare di famiglia e poi di quei lunghi ritrovi estivi lontani dalle città invernali dove l’infanzia diviene adolescenza e il tempo sembra scorrere lentamente a dar tempo (appunto) di essere misurato per bene, sotto ogni angolo buono. E ancora il pop di Costa, prodotto a dovere con i dettagli composti e sicuri come accade nei grandi dischi pettinati dal main stream. E lui lo sa che il cliché della musica leggera funziona sempre: forse manca di quel quid per distaccarlo dai tanti che sfornano le stesse soluzioni, ma in fondo è la semplicità che vince dentro questo disco. La semplicità che traghetta un bambino verso l’uomo che sarà. Tutto questo e tanto altro ancora vive dentro il suono e la canzone de “L’odore dei limoni”.

Ritroviamo Costa, lo ritroviamo oggi con il disco ufficiale, fatto e finito. Le prime impressioni pubbliche e di critica?
Beh devo dire decisamente bene dal momento che il lavoro è stato accolto con entusiasmo da un punto di vista prettamente musicale, sonoro ed artistico sebbene gli addetti ai lavori conoscano e mettano in luce le reali possibilità di mercato che possiede oggi il cantautorato italiano.

Per te che odore hanno i limoni?
L’odore dei limoni dentro la mia testa è un concetto articolato. È dato dal senso attribuito alla poesia “I limoni” di Montale, ossia l’attimo poetico di dischiusura dell’esistenza, unito all’esperienza e alle vicissitudini della mia vita. Ho cercato di dare vita a questa immagine sinestetica attraverso l’intreccio delle liriche presenti nell’album. Ad ogni modo “L’odore dei limoni” per me è il tipico pungente ed inconfondibile profumo degli agrumi capaci in un solo istante di catapultarti in un altro mondo. È un profumo trionfale, di pienezza della vita che si incontra lungo il percorso che si sta battendo nel momento in cui se ne prende possesso e consapevolezza.

Tu come tutti finiti dentro i canali digitali. Quanto hai speso nel fare un disco? E cosa ti spinge a regalarlo letteralmente a tutti senza filtri? Ecco: questa cosa mi ha decisamente incuriosito…
Beh, diverse risorse economiche di sicuro non sostenibili con i soli proventi musicali. Mi spinge l’urgenza di una dinamica comunicativa di ritorno, di un feedback, di un respiro capace di ossigenare e soprattutto mantenere attuale la mia composizione che se così non fosse rischierebbe di arenarsi. Ancor di più è un esigenza di condivisione con un pubblico più vasto di tematiche in cui mi sono imbattuto e che reputo cruciali nell’esistenza di ciascuno e che potrebbero essere di spunto o di sprono per persone che stanno affrontando quel determinato momento della loro vita. Io da ascoltatore ho sempre cercato questo nelle canzoni e nella musica ed ho sempre trovato pane e sollievo per i miei denti.

Diciamo che il pop è la tua linea guida per quanto i suoni spesso cercano derive world. Come hai scelto e lavorato alla produzione?
Quando sono arrivato alla produzione del disco ero abbastanza esperto nella scrittura di canzoni, composte quasi sempre in maniera scarna chitarra e voce, ma un neofita per quanto riguarda la produzione di cui avevo avuto solo qualche sporadica esperienza di demo. Altra difficoltà era quella di collocarsi discograficamente all’interno di un genere nonostante io attingessi a più generi musicali. La scelta è ricaduta sul cantautorato classico affidandomi completamente alle mani esperte di Domenico Pulsinelli ed al suo background musicale a cui sicuramente ho consegnato un arduo compito.

Domanda difficile… preparati. La vita come il vento… ma come il vento, cambia direzione improvvisamente. E questo disco tuttavia cerca di perseguire un percorso assai “prevedibile”, sicuro, stabile. Non trovi che sia un controsenso?
Immagino tu ti riferisca al suono di questo disco ed ai suoi cliché pop-cantautorali quasi mai abbandonati. “L’odore dei limoni” dal punto di vista contenutistico, ha come punto di partenza la tragicità e l’imprevedibilità dell’esistenza, un disco che si fonda più sul dubbio che sulle certezze. Non lasciarti ingannare dal titolo “L’odore dei limoni”; esso è il traguardo e non il tragitto. Il percorso, così come descritto nelle 12 tracce è più che mai tortuoso, pieno di ostacoli, di momenti critici che cercano una catarsi attraverso l’esperienza piena e viscerale della vita. L’aspetto ventoso del mio disco è altresì riscontrabile nell’eterogeneità dei generi musicali presente in esso. In fondo l’apparato sonoro cantautorale è solo il contenitore formale che li mantiene assieme.

Eppure il disco si apre con un primo brano dal titolo epocale che esce decisamente dalla forma e dalle linee perseguite poi per il resto dell’ascolto… come mai?
Il primo brano “Eofofilefia e Sbarandambamba ” rappresenta un po’ la summa dell’intero disco in quanto le linee degli strumenti, tra loro alle volte volutamente dissonanti, riprendono il tema degli altri brani presenti nell’album conferendo questa atmosfera del tutto particolare. In altri tempi discografici la traccia si sarebbe trovata come ultima in scaletta di ascolto ma con la fruizione digitale odierna sarebbe rimasta inascoltata. È una canzone prettamente cantautorale, decisamente diversa dalle altre, in cui avevo un’esigenza narrativa da cantastorie al fine di esorcizzare e mettere nel cassetto una delle esperienze più belle ed importanti della mia vita, ossia il mio periodo universitario nella città di Venezia.

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