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Cristiana Verardo: la bellezza del tempo

Delicatissimo “album di fotografie” quello che viene da sfogliare alla mente quando mettiamo in circolo il nuovo singolo di Cristiana Verardo, cantautrice pugliese vincitrice dell’ultima edizione del Premio Bianca D’Aponte che torna in scena con un brano che emoziona per il modo che ha di coccolare il tempo e le sue velenose nostalgie, tra memoria e storia che poi diviene “di tutti” con quel particolare filo conduttore assai personale che rende in qualche modo “privato” il fluire di questa melodia, dolce, antica, così raccolta dal color seppia che si poggia sulle cose quando passa inesorabile il tempo di questa vita. In rete il video che, manco a dirlo, è un filmato amatoriale di una festa di matrimonio, in Puglia, negli anni ’90… che sembrano così vicini a dirli, eppure…

Su tutto ci colpisce il video e questo inevitabile ritorno al passato. Partiamo da qui. Che significato c’è dietro questo “tornare al passato”? Una fuga dal presente?
Il ritorno al passato non deve mai essere una fuga, come i tempi della nostra vita non devono essere fughe, anche perché sarebbe una corsa vana, inutile. No, il passato è un territorio che ha bisogno di essere esplorato più e più volte, lì ci troviamo le sementi di quel che siamo ora. La mia canzone è proprio quello, è uno sguardo attento su qualcosa, non una fuga da qualcosa, una differenza, direi, sostanziale.

Quanto somigli al presente che stiamo vivendo?
Io somiglio a mia madre, a mio padre, a mio fratello, somiglio all’idea che ho di me (ma questo è solo uno sforzo, quotidiano, che forse non è ancora raggiunto). Il mondo in cui vivo non sempre mi fa sentire a mio agio, sento degli scricchiolii, spesso, sotto i piedi. Alcune cose non possono tollerarle, i miei valori mi obbligano a pensieri discordanti rispetto al vociare che sento. Il problema più grave, quello che mi allontana dall’ambiente in cui mi trovo a vivere – e che mi porta a coccolare la mia solitudine che amo infinitamente – è l’artificialità. Le maschere, le costruzioni che le persone fanno di se stesse, le impalcature pesanti e falsate che decidono di tenere addosso. Le noto, mi inibiscono, mi fanno indietreggiare, ma cerco di affrontarle con la trasparenza, con un mio esempio di genuinità.

Te lo chiedo perché questo brano non somiglia affatto al presente che stiamo vivendo. Ed è un complimento vista l’enorme omologazione digitale che viviamo. Cosa ne pensi?
Penso che, appunto, io vivo il mio spazio di mondo guidata da una serie di valori che, chiaramente, si evolvono, ma hanno radici forti. L’attenzione agli altri, a se stessi, la pazienza di capirsi, di non essere quel che gli altri vorrebbero che noi fossimo, il lavoro lento che dobbiamo fare ogni giorno per poter decifrare quel che siamo, l’anima che portiamo dentro, che per difendersi dalle scorrettezze spesso si barrica al nostro interno e dobbiamo operare quasi chirurgicamente per poter capire cosa vuole dirci, dove vorrebbe portarci. Questo brano è un nuovo passo verso la me più nascosta, quella che però è autentica, reale, e che non è più vulnerabile, come ci insegnano a pensare, ma è quella più saggia.

Un singolo nuovo per un nuovo disco?
Ci sto lavorano, con calma, come questi ultimi mesi mi hanno insegnato. Prendermi il tempo necessario, questo è quello a cui obbedisco e finora pare abbia funzionato!

E pensando al futuro? Quanto futuro ci sarà nella nuova musica di Cristiana Verardo?
Quanto futuro, non saprei, dovremmo chiederlo a qualche oracolo! Più che pensare alla quantità, mi piacerebbe badare alla qualità di quel che sto costruendo. Quindi, quanto non lo so, quale, beh, mi auguro solo che le donne, e io in quanto donna, possano costruire il loro linguaggio, finalmente, perché stiamo ancora parlando una lingua che non ci appartiene e che ha una grammatica prettamente maschile. Mi auguro che sia un futuro in cui l’arte riconquisti il suo ruolo di motore della società, che la cultura diventi nuovamente l’ambizione di tutti e non l’ozio di pochi. Ecco, il futuro che immagino mi vede all’interno, ma è una visione più allargata di quel che sarà. Il mondo si pensa insieme, non sa soli.

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