Belle sensazioni di sospensione metropolitana dentro una tela disegnata certamente a mano ma anche figlia di queste nuove frontiere digitali che un poco rimandano al post-punk anni ’90 e un poco a quel pop surreale, colorato e industriale che ricorda un Alberto Camerini dei tempi gloriosi. Il tutto mantecato da liriche per niente banali ma che anzi gettano luce su punti di vista intrisi di una filosofia curata e ben ricercata.
Giuseppina Prejanò, in arte GiusiPre, classe 1985, calabrese d’origine trapiantata a Roma esce oggi con questo esordio discografico di soli 5 brani da cui traggo parole buone per mettermi a nudo dentro un’attualità in bilico tra censure e divieti, restrizioni e impedimenti alla normalità… di grande forza la riflessione che mi induce a fare, di quanto cioè tutte queste limitazioni siano frutto di un vivere personale, dentro noi stessi prima ancora che nella facciata pubblica. “Canzoni indigeste”, è quindi un disco sociale che non ci sta a far di conto con i santi cliché del pop radiofonico ma cerca altrove, in radici altre una denuncia (così la prendo per mio gusto personale) allo status quo del vivere quotidiano. Su tutte svetta il romanticismo di “Ci pensa il vento” dentro cui leggo richiami dylaniani rivisti e corretti al giorno che corre. Un ascolto in rosa, davvero interessante.