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Helle: luci e ombre dell’uomo e delle sue maschere

Primo lavoro per Helle, dieci gli inediti che fanno seguito a due singoli che inaspettatamente in questo disco non appaiono. Disco intitolato “Disonore” che si regge dentro una elettronica portante che determina tutto o quasi… tante le visioni e le sensazioni che ci arrivano, dall’ascolto anche se su tutte impera questa aria evanescente, un poco orientale complice anche la sua timbrica di voce… e poi anche queste aperture in maggiore riempite d’aria e di suono nebuloso o il mix di voce assai particolare, per niente figlio del pop italiano, portano il lavoro fuori dalle solite etichette e anzi per la maggior parte si rende difficile orientarsi a vista. E qui chiamiamo in causa un brano come “Rispetto” che dalla intro decisamente metropolitana si caratterizza subito con qualcosa che sembra esser uscito da una hit nipponica… e forse in questo brano più che in altri mi torna più alla mente quel pop americano alla Lenny Kravitz (Giappone a parte s’intenda).

E poi che bella e che caratterizzante è “Carovane”, singolo che troviamo in rete anche con un video ufficiale decisamente lo-fi: forse il brano più forte dal punto di vista melodico, dove sottolineo con gusto quanto sia efficace la chiusa della linea melodica… e l’inciso assolutamente vincente, qui (azzardo) più aderente alla tradizione italiana. Altro momento vincente fuori dalle nostre abitudini è “Tom”, brano che sfoglia un certo modo (metropolitano, manco a dirlo) di pensare alla leggerezza del pop, sicuramente di una forza maggiore dentro le strofe più che nei ritornelli. Quasi che si vedono e si toccano con mano le periferie di confine dentro calde serate d’estate… e l’estate sembra comunque un tassello che torna nei colori di questo suono, colori sbiaditi, a volte trascinati, colori opachi macchiati dall’afa… e poi “Chimere” è un altro momento alto del disco, dove la forma sfoggia grandi soluzione classiche (è vero) ma allo stesso tempo sa come scrivere la sua di personalità… e di nuovo la voce nella sua estetica torna vincente, momenti corali, quasi cattedratici, voci lontane che si espandono dentro i riverberi… Devo dire che gli ingredienti sono però un po’ sempre gli stessi e dopo poco l’ascolto rischia di farsi monotono con il risultato che 10 inediti diventano difficili da smaltire. Helle sforna un lavoro preciso e anacronistico, senza legami di sorta alle mode indie-pop di oggi a cui, viste le potenzialità, avremmo chiesto una maggiore varianza del tutto… nonostante questo, ci fossero dischi così in questo tempo di format violenti, quasi ovunque già passati di moda.

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