Diamo spazio e voce ad un progetto che ci ha incuriosito moltissimo. Perchè siamo tutti bravi ad inventarci sacerdoti del futuro quando mancano le basi e la storia da cui prende origine praticamente ogni cosa che crediamo di aver scoperto oggi. Dunque eccovi un bellissimo lavoro che attinge a piene mani dalla grandissima scena rock mondiale degli anni ’70, ’80 e ’90, dai Led Zeppelin ai Balck Sabbath passando per i Deep Purple etc. Loro sono i Nagual, band piacentina attiva dal 2006 e che solo dopo 10 anni intensi di live e di grande rock suonato(notare come mai per una volta si è invece di apparire) approda ad un lavoro personale che è bandiera di un’epoca…e lo fa oggi, in un momento in cui tutto è possibile e tutto è a portata della mano di chiunque. Ed è quindi nell’era di questo mondo digitale che apre gli orizzonti sconfinati anche con banale difficoltà che i Nagual abbandonano le vie di fuga rese immediate dalla tecnologia e suonano per davvero rispolverando in questi 13 inediti di grandissimo impatto stilistico le radici, le origini e quel preciso mood di vita…si parla di ROCK, quello vero e non quello all’italiana maniera…e senza inventarsi scuse, celebrando il tutto con moltissimo rispetto e con attenzione dedita ai particolari – splendida la voce portante che non diremmo mai essere figlia di quest’Italia conservatrice del santo pop. Ed eccolo allora: si intitola “Tat Tvam Asi” che – a quanto leggo dalle note di stampa – risulta essere un intercalare in sanscrito che significa sostanzialmente “Tu sei esattamente come sei” e direi che dal titolo, appena scomodo per le cronache giornalistiche, si evince a pieno il leitmotiv dell’opera. E si passa dall’arroganza di “Words for the wind” alla dolcezza cantilenante di “Defenseless”, per poi godere a pieno dei toni urban night di “Dark lunacy” (dove i nostri non si risparmiano nemmeno in uno stilismo gilmouriano). In moltissime occasioni ritroviamo a spasso i fantasmi di Ian Gillian e compagni come, per esempio, quando ci cantano “Dreaming soul mate”. Anche la produzione ha svolto a pieno questo compito regalandoci suoni decisamente codificanti di quel periodo e di quell’estrazione sociale, come accade per esempio in “My own two demons” – e qui mi riferisco soprattutto i riverberi di batteria. E alla fine anche noi avremmo potuto fare i professori saccenti del caso…dettagli che non tolgono nulla ma che anzi mettono in chiaro esattamente l’onestà intellettuale e la semplicità con cui i nostri ci regalano un viaggio a ritroso nel tempo in cui la musica non aveva alcuna presunzione di apparire pettinata per le prime pagine dei giornali…quanto invece aveva la sola ambizione di essere esattamente quello che era. E dunque “Tat Tvam Asi” ha il grande pregio di restituire questa dignità alla musica suonata per davvero…anima e corpo…e senza computer per una volta.