Follow Us

PORTFOLIO: una serata romantica sotto le luci di scena

Strepitosa l’aria californiana che arriva tra le righe di questo nuovo disco dei PORTFOLIO. Lo hanno intitolato “Stefi Wonder” e sulle prime sembra sottolineare una certa ironia scanzonata contro i cliché del comun pensare, contro le cose fatte per far vedere e per sembrare. Sembra non prendersi sul serio ma per davvero ci sono contenuti che stanno bene se accostati ai grandi progetti funk e fusion della nostra “tradizione”… anche se fuori dal pop e dalle usanze popolari, difficilmente scorgo le linee personali di una tradizione. Eppure “Stefi Wonder” pretende l’ascolto e anche l’attenzione, regala visioni glitterate e momenti di fusione spirituale, ci invita alla perversione dei colori e alla trasgressione della psichedelica “Fluidità” come anche al riposo di un post-rock sospeso della chiusa dal titolo “Scuola strumentale reggiana”. Un quinto disco appunto… dietro le tendine di scena si nasconde una notte, trasgressiva o semplicemente romantica.

Un quinto disco dal titolo emblematico, forse ironico, forse solamente iconico. Chi è o a chi fa il verso “Stefi Wonder”?
Il titolo è ironico e nasce dal fatto che il nostro vecchio batterista, che si chiama Stefano, è un bravissimo cantante e su molti pezzi del disco le linee di voce iniziali sono opera sua. Avevano questa impronta marcatamente soul e da lì Stefano è diventato in un attimo Stefi Wonder.
Questo personaggio mitologico, fighissimo ed un po’ sbruffone, è comparso in molti dei bradi del disco e così abbiamo deciso di intitolarlo in questo modo.

Un disco che ho sentito molto noir, visionario e sicuramente californiano nei suoi tanti “notturni”. Che direzione è questa per i Portfolio?
L’idea alla base del disco è che lo stesso fosse coinvolgente dalla prima all’ultima traccia. Senza riempitivi e brani più deboli. Quello che abbiamo cercato di fare musicalmente è stato di eliminare tutto quello che poteva risultare superfluo per i pezzi, in modo da non renderli noiosi. Abbiamo lavorato di fino sulle idee musicalmente più forti, ponendo grande attenzione ai suoni ed al giusto equilibrio tra voce e strumenti. La novità rispetto ai dischi precedenti infatti è il cantato in italiano, che per noi è stata una bellissima sorpresa. Musicalmente non ci sentiamo molto italiani e il connubio con li cantato in italiano è stato sorprendentemente piacevole.
Anche i 2 brani strumentali, che Inizialmente erano molto più lunghi, sono volutamente molto brevi.

Il vostro nucleo torna di nuovo a circondarsi di tanto altro. La voce di Claudia Domenichini ci trasporta davvero nell’ala lounge dell’America glitterata. Possiamo parlare in qualche modo di collettivo?
Non lo so, non direi. Abbiamo fatto collaborazioni con alcuni musicisti di Reggio ma il “nucleo storico” del gruppo è lo stesso da più di 10 anni. Con Claudia per esempio ci conosciamo da sempre, ha cantato in quasi tutti i nostri dischi. Fin dal primo EP, Reason Outside Nature.
Ogni volta che lavoriamo con lei scatta una certa magia, è una musicista con un talento incredibile. In questo caso abbiamo pensato che Agosto fosse un brano perfetto per lei e quindi le abbiamo mandato le musiche. Lei ha messo la voce ed il risultato ci ha entusiasmato da subito.

E poi due strumentali che in qualche modo segnano una libertà compositiva importante. Qual è la filosofia che li ha voluti in un disco come questo?
Ad un primo ascolto si può pensare che i 2 strumentali centrino poco con il resto del disco. A noi sono sembrati invece perfetti per esprimere, come dici giustamente, la nostra libertà compositiva da un lato e per cercare di dare una certa varietà al disco dall’atro; andando un po’ contro alla regola tutta italica che i dischi debbano essere per forza uniformi.

La provincia reggiana: quanto ha determinato il sound di “Stefi Wonder”?
Nel sound direi poco, per non dire per niente. Se non nell’ultima traccia, che abbiamo appunto chiamato “Scuola Strumentale Reggiana”, in quanto qui da noi ci sono moltissime band che fanno musica strumentale ed il brano in questione va un po’ in quella direzione lì. Da lì il titolo, un pò omaggio ed un po’ ironico.