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THE LIZARDS’ INVASION: la storia è “IN-dependence Time”

Un concept album come non se ne sentiva da tempo. La storia un po’ distopica e un po’ fuorviante, ma sicuramente ricca di fascino: un uomo sulla terra non più attanagliato dal potere ma dalla totale semplicità di essere. Nessuna forma di dominio. Ovviamente l’incanto viene massacrato da insider che cercano di riconquistare il controllo. Ed ecco che la band vincentina The Lizards’ Invasion fa il suo esordio con questo lavoro tra epico rock e sfumature di pop internazionale dal titolo “IN.dependence Time”. Tra gli Aereosmith di “I Don’t Want to Miss a Thing” e i Dream Theater di “Through her eyes” passando per qualche lieve sfumatura di dark progressive, i TLI (scusate se mi sono permesso la sigla per abbreviare) sfornano un disco decisamente interessante, ricchi di stimoli e di grandi momenti visionari. Il Rock diviene metafora romanza, diviene lungometraggio e poi alla fine si compie in un tutto sensato. Un esordio fuori moda sicuramente, fuori tempo massimo direbbe qualcuno. I concept epici di rock notturno ormai sembrano passati a miglior vita, lontani i ricordi della OrzoRock o ancora più lontani quelli appunto delle grandi imprese internazionali. Eppure il sottobosco sforna anche di queste perle.

Molti hanno affrontato questo tema. La distopica esigenza di guardare un altro modo di stare al mondo. Ma secondo voi ci sarà un motivo se l’uomo in fondo vive in questo modo invece che realizzare i sogni di benessere e di felicità?
Si un motivo c’è, ed è da ricercare nell’impegno che comporta realizzare se stessi. Proiettarsi in un mondo altro, non reale, che segue le nostre regole ci pacifica. Implicarsi con impegno per realizzarsi, non mi piace parlare di felicità e benessere, sono termini neoliberisti, implica anche, e soprattutto, relazionarsi con il prossimo. La paura di interagire con il prossimo è il maggior impedimento alla nostra realizzazione, viviamo in una società sempre più atomizzata, in cui la mia soddisfazione può venire solo dalla prevaricazione dell’altro. Sarebbe auspicabile per il benessere di tutti traslare la nostra visione del mondo da soggettiva a comunitario/relazionale.

Il potere costituito. Faber ne parlava tanto e lungo nei suoi dischi. Voi lo disegnate in altro modo. Oggi cos’è e cosa significa per voi il potere costituito?
Il potere costituito non ha cambiato forma, forse ha cambiato attori, ma come forse sono cambiati anche i modi per contestarlo. Ma standoci a pensare bene è tutto ciclico, quindi a distanza di alcuni anni, si ritrova lo stesso potere costituito, sotto sembianze diverse. Oggi il potere costituito è quello che è e a noi non piace, ma non vorremmo andare troppo oltre, non ci piace nemmeno schierarci. Se dovessimo farlo probabilmente ci uniremmo a Fabris in un coro caotico neutrale

Un rock epico ma anche del sano pop aggressivo. La vostra vera definizione?
Diciamo che ci avete azzeccato più o meno. Quello che abbiamo cercato di fare è una sorta di rock mediato tra il passato ed il moderno sia come sound che come intenzioni. La parte epica deriva senz’altro dal rock di altri tempi, mentre il “pop aggressivo” penso di poterlo attribuire alle nostre intenzioni di ispirarci a gruppi come glass animals, alt j, everything everithing.

Come esordio direi che avete tra le mani un lavoro assai impegnativo, musicalmente e concettualmente. Oggi l’attenzione media è assai scarsa. Come coniugate questi due aspetti?
Hai ragione, le curiosità, le easter eggs , le citazioni sono molte e molte non verranno carpite. D’altra parte la musica che facevamo prima di quest’album richiedeva maggiore impegno ancora, quindi diciamo che questo album rappresenta un po’ il nostro tentativo di uscire da noi stessi e farci contaminare e riuscire a comunicare con l’esterno. Noi lo giudichiamo un buon tentativo, ma siamo di parte. Vedremo con i prossimi lavori.

Per chiudere: i The Lizards’ Invasion, credono davvero a questo nuovo mondo che raccontano? Secondo voi sarà mai possibile?
Non c’è bisogno di crederci davvero, è solo un altra storia con un altro happy ending. Credere troppo ai racconti può dare sollievo ma si rischia di rimanere intrappolati in un illusione. Piuttosto c’è bisogno di trarre le conclusioni, degli insegnamenti, che nel nostro caso sono sempre gli stessi: stiamo andando sempre piu velocemente verso un baratro e sembra che, pur accrogendoci di ciò, dati alla mano, pochi se ne preoccupino veramente. Se sia realizzabile o meno? vorrei pensare di si mah…

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