Con «Parti», Pascàl dimostra che la musica può ancora essere confessione e libertà. Tra malinconia e leggerezza, l’artista trasforma esperienze personali in suoni che vibrano di autenticità. Un invito a vivere intensamente, a cogliere l’attimo, a lasciarsi ispirare dalle proprie emozioni.

«Parti» è un brano che racconta una fine, ma lascia anche uno spiraglio di speranza. Era tua intenzione dare questo doppio significato?
Assolutamente sì.
Come lavori con il tuo producer Lorenzo Cuscusa? Che tipo di sinergia c’è tra voi?
Io capisco lui, lui capisce me.
Tra di noi è praticamente nato un rapporto d’amicizia, che va oltre all’aspetto lavorativo, lui diciamo che rappresenta la parte più razionale e tecnica del mio progetto, io rappresento la parte disordinata Ahaha.
Oggi, con i social, ogni artista ha una vetrina costante. Quanto ti appartiene questa dimensione digitale?
Non mi definisco troppo “social”, diciamo il giusto.
Hai una routine creativa oppure scrivi solo quando arriva l’urgenza?
Non ho nessuna routine creativa, scrivo per bisogno.
Che consiglio daresti a chi vuole iniziare un percorso musicale autentico e personale?
Gli/le direi di lasciarsi trasportare dai propri sogni e dalle proprie emozioni, senza ascoltare alcuna influenza esterna, solo noi siamo pienamente consapevoli dei nostri sentimenti.
Cosa ti emoziona ancora, dopo anni, nel fare musica?
Non sono tantissimi anni che faccio musica ahah.
Diciamo che mi emoziona un po’ tutto, partendo dal pensiero viscerale del perché ho scritto quel brano, all’ansia dello studio, all’adrenalina del palco.