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Enrico Lombardi: occhi di “Girasole” per questo futuro

Lo definisce “ambientalista” questo primo singolo ad anticiparci un disco che arriverà durante la seconda parte del prossimo anno. Cantautore dal disteso gusto pop, di ballate roots che si sporcano appena di quel folk americano, non fosse per il magico supporto che sentiamo di questa lap steel a determinare le organze di arrangiamento di tutta la melodia. Enrico Lombardi, abruzzese, con fragile ottimismo dedica al futuro la sua nuova scrittura in cui un pianeta in mostra sta pagando alto il prezzo di indifferenza e di costruzione di massa. Il punto di vista, però, è quello di un’anima alta rivolta ad un “Girasole”: un dialogo che diviene preghiera laica all’uomo, inno di grande e bella morale comunitaria, cruda nelle sue dolcissime decisioni liriche. Non osa giudicare Lombardi, non si schiera politicamente o socialmente… quanto invece ama dedicarsi all’amore per la vita, in un concetto alto e al tempo stesso quotidiano di questo termine.

“Girasole”, elemento di natura e di giudiziosi, elemento che usi a simbolo delle scuse che l’uomo dovrebbe nei confronti della Natura. Scuse che arriveranno prima o poi secondo te?
“Girasole” non può essere considerata una canzone ottimista, diciamo con un lieto fine, anche se il ritornello potrebbe farlo pensare a un primo ascolto, per effetto delle parole usate e della progressione armonica. La verità e che noi stessi siamo parte integrante della natura che stiamo distruggendo, e sembra proprio che non ce ne freghi nulla. Come bruciarsi una mano tenendo l’accendino con l’altra. Di tanto in tanto osservo o leggo di grandi esempi di sostenibilità e di rispetto ecologico, piccoli miracoli che mi porterebbero a sperare in una nostra sostenibilità per la natura; ma al momento prevale decisamente il pessimismo. Ecco, diciamo che se le scuse ci sono già da parte dell’uomo, per ora sono davvero troppo, troppo poche perché cambi qualcosa.

Un brano ambientalista… una canzone sociale… pensi sia questo oggi il ruolo di un cantautore?
Non posso assolutamente dirmi un cantautore impegnato, in temi sociali o politici. E non mi sogno di dare un compito alla musica, come azione sociale, anzi lo trovo controproducente.. la morale della favola mi ha sempre innervosito. Solo forse, con qualche anno in più sulle spalle, ho sviluppato un senso di osservazione che prima non avevo, che mi ha spinto a pormi domande e a trasmettere il conseguente smarrimento nelle canzoni che scrivo. Perché poi le risposte univoche non le trovo mai, ma almeno condivido le domande con gli altri, e mi sento meno solo. Pro e contro di essere tutto sommato un esordiente fuori corso.

Una metrica pop nel pieno cliché del genere dove però arriva questa Lap Steel che ci traghetta dentro un pop americano di matrice folk. Da dove nasce questo cocktail?
In sala prove. Collaborando con altri musicisti e artisti di spessore, che sanno il fatto loro in termini di arte del suono, che hanno ascoltato tanta musica e nel tempo hanno imparato a condividere le emozioni, con il linguaggio della musica. Ferdinando Ferri alla batteria, Fabrizio Crecchio al basso, Eugenio Paludi ai cori, Luca Mongia alla lap steel, appunto. Ognuno ha portato il proprio vissuto, e contribuito in maniera significativa al risultato finale che sentite. Luca ed Eugenio, poi, condividono con me l’arte di complicarsi la vita scrivendo canzoni. Girasole ha sostanzialmente un arrangiamento corale tra noi cinque, è figlia di una ricchezza eterogenea. Generalmente sono più solitario.. forse è per questo che soffro e poi scrivo canzoni.

Probabilmente, a tutti gli effetti, è il tuo vero esordio questo. Quanto meno è un nuovo inizio in un periodo davvero particolare. Cosa significa per te?
Nella vita ci sono equilibri che spesso ti riportano in una direzione che sembravi aver perso di vista. Scrivo da quando ho 16 anni, ma solo nel 2017 ho pubblicato ufficialmente il mio primo singolo, “Marylin”. Prima, e poi, è passata tanta acqua sotto i ponti, che si chiama appunto vita, e che spesso mi ha allontanato dalla musica. Ne consegue che pubblico canzoni quando posso, quando riesco a dare loro la giusta importanza e il giusto megafono, nel limite delle mie possibilità. Non più ventenne, il concetto di esordio l’ho proprio messo da parte, non sento il peso di questa parola. Cerco solo la soddisfazione catartica che la mia musica sia ascoltata dalle persone che ho davanti. E ora, con tutto quello che sta accadendo per colpa del Covid-19, non so davvero che direzione prenderà la mia vita, se sarò in grado di dare voce alle mie canzoni.. Ho in cantiere altri singoli e un album, ma per quest’ultimo è presto per fare anticipazioni. Però sembra che la musica riesca ad essere nella mia vita quell’ingrediente segreto che mi fa stare bene quando tutto intorno sembra impazzire. E poi è bello ritrovare la strada quando pensavi di averla persa.

In copertina un bellissimo disegno in cui il girasole sta piangendo. Lacrime comunque colorate… Raccontaci la tua chiave di lettura…
L’illustrazione è di una bravissima artista russa, si chiama Evgenyia Shalak, l’ho contattata credo su Behance o Fiverr perché spulciando in rete alla ricerca di ispirazione ero finito nel sua pagina e mi colpì parecchio l’intensità delle sue opere, capaci di catturare l’attenzione e generare domande sul significato, sul messaggio. E mi piaceva anche l’idea di esplorare artisti fuori dalla mia cerchia di contatti, per non cadere inevitabilmente in attese e pregiudizi di qualche tipo. Direi che, dai confronti creativi che ho avuto con Evgenyia in fase di progettazione, la mia lettura sposi il punto di vista dell’illustratrice: anche quando soffre in maniera atroce, la natura conserva la sua maestosità e il suo splendore basato sull’equilibrio di forme di vita diverse, di colori diversi. Forse a ricordare che in fondo chi è a rischio di estinzione siamo noi, non lei.

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