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MASUA: il rock di “Occhi chiusi” di Claudio Passiu

C’erano i Masua e ora c’è il progetto MASUA. Sempre lui a governarne la rotta: Claudio Passiu torna con un nuovo disco di inediti in studio, lavoro personale che titola “Occhi chiusi” e qui i piani di lettura sono molteplici. Vivere la vita, vederla accadere e emanciparsi con essa… ma anche la costrizione dentro i rapporti, le dinamiche, le tante omologazioni di stile. MASUA sforna un pop rock aggressivo nelle intenzioni ma dolce e sensibile nelle soluzioni finali. Anche le aperture in maggiore, le “grida” di consapevolezza sono esse stesse testimonianze di liberazione e di rinascite. Un disco circolare dentro la forma liquida del pop anni ’90.

Progetto solista per MASUA. Cosa ti sei portato dalla musica di una band? Sono due realtà decisamente lontane… 

Sì molto lontane. Mi porto la leggerezza di non dover mediare e a volte litigare. Allo stesso tempo il confronto, la contaminazione è importantissima. Questa cerco di assorbirla ascoltando tantissima musica anche a volte un po’ lontana dal rock.

Elettronica e rock acustico. Come hai fatto dialogare questi due mondi?

Quello acustico è sempre la base di partenza. Con la chitarra acustica escono quei suoni che mi ispirano per scrivere, dopo arriva l’elettrica che è necessità espressiva. Quelle “pacche” di distorsione nei ritornelli danno sostegno a una melodia che spesso se nò sarebbe praticamente di musica leggera.

E perché l’uso dell’autotune nel brano “Occhi Chiusi”? Una testimonianza di vicinanza alle mode di oggi?

“Occhi Chiusi” è un brano che mentre lo scrivevo mi immaginavo sospeso per aria, a volte addirittura nello spazio. L’effetto dell’autotune mi riportava un po’ a quell’immagine nella musica. Poi perché no, è necessario stare al passo con i tempi.

Parliamo di gusti e contaminazioni. Da John Fante a Freddie Hubbard e Gian Maria Volontè. Cioè?

Nelle canzoni scriviamo ciò che pensiamo, ciò che viviamo, e quindi anche ciò che ci piace. La lettura di John Fante mi ha accompagnato nella scrittura di “Chiedi alla polvere” (tra l’altro suo romanzo), Hubbard e Volontè sono citati in “Fantasmi” esplicitamente come due elementi, musica e cinema, che mi aiutano: “male non c’è, più dentro me”.

La copertina a me personalmente mi rimanda a Lars Von Trier… non so cosa ne pensi…

Wow! Bellissimo rimando, grazie! Ora che me lo dici mi viene in mentre DOGVILLE: essenzialissimo, estremo, teatrale, tanto nero … ci sta! Ricordo la sala del cinema piena ma che pian piano si svuotava di tutta quella gente venuta a vedere quel film probabilmente solo perché recitava la sempre bellissima Nicole Kidman, ma non che non si aspettava un film del genere. È stato buffo, significativo…

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