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MEISE: star seduti, sospesi, in bilico

Si fa chiamare MEISE e questo lavoro eponimo segna a suo modo una salvezza, la sua… la sua sopravvivenza. Canzoni certamente di solitudine dentro queste restrizioni apocalittiche. Canzoni in stile indie, italiane, d’autore, adolescenziali… urbane e metropolitane, cosparse di un grigiore appena percepibile delle volte ma sempre presente. Sempre… Meise porta a casa un disco che sembra giungere da un non luogo assai familiare. Il tutto senza allontanarsi troppo dai tanti cliché che conosciamo. Senza allontanarsi troppo dalla forma pop che impera su ogni cosa suoni in Italia… o quasi!!!

Un disco come questo penso possa parlarci sin dalla sua copertina. Il nero è la sua scritta. Non altro. Per nasconderlo questo altro o perché non esiste?
In questo disco ci sono sinceramente io, niente di più, e nella copertina c’è sinceramente il mio nome, anche se c’è da dire che il modo in cui esiste quella scritta e tutto il resto ha un significato per me.

O magari per dare a chiunque di rintracciarlo come crede… che ne dici?
Penso abbia una duplice chiave di interpretazione. Per me rappresenta esattamente il mio io e un minimalismo che mi appartiene in qualche modo, sia come concetto sia come espressività emotiva del momento.

Perché questa sospensione quasi deserti anche e soprattutto nella tua voce? Non mi sembra una scelta troppo casuale quella di intaccare anche la sua intelligibilità… sbaglio?
A cantare era soprattutto il mio mood, la scelta stilistica di sporcare la voce utilizzando effetti è dovuta al desiderio di voler ottenere una sorta di rappresentazione imperfetta, più realistica e intima, contrastando al tempo stesso questa costante rincorsa alla perfezione, a suoni puliti e più artificiali, che non mi rappresentano.

Chi è per davvero Meise? Anzi: chi per davvero non è?
Meise non è Mattia che si alza tutti i giorni della sua vita, impiegato e incastrato a percorrere una strada già decisa da altri. E’ grazie a lui se ora sono nel roster di Grifo Dischi e sto percorrendo anche una strada sicuramente meno certa ma molto più interessante. Sicuramente continuerò il mio percorso in entrambe le direzioni e ne sono felice.

Solitudine che però, se non ho letto male, deriva anche da una sorta di auto-punizione, una sorta di fuga da quel che di male può portare la presenza. Non credi?
Esatto, ora sto affrontando con consapevolezza alcuni lati oscuri del mio carattere, e ho creato il progetto Meise anche per rompere questo muro che io stesso ho costruito intorno a me. Quando è uscito l’EP ho avuto paura di espormi al pubblico e quella paura esiste anche ora dentro di me, ma riconosco che devo affrontarla per migliorare la mia vita di tutti i giorni.

Canzoni di lockdown. Canzoni di questo periodo distopico. Non pensi che serva l’energia e la luce più che il silenzio e un mood di sconfitta?
Secondo me servono entrambe, credo che non possa esistere solo il buio o la luce. Personalmente ho tirato fuori qualcosa di positivo per me dalla negatività che porto dentro e questo è già di per se un traguardo molto importante.

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